Avv. Antonino Longhitano

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La Riforma Cartabia

La riforma Cartabia, come è noto, ha come scopo precipuo di perseguire “ obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contraddittorio ” (art. 1, comma 1, della legge n. 206/2021) e di “ assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo ” (art. 1, comma 5, lett. a), della legge n. 206/2021). Nell’ambito di tale riforma e degli obiettivi delineati, anche le disposizioni normative attinenti al Condominio, hanno subito delle modificazioni, in particolare, solamente per tratteggiare, a larghe linee, quella tra le più rilevanti, si prenderà in esame la mediazione. Il Decreto legislativo 10/10/2022, n. 149, in attuazione della legge del 26/11/2021 n. 201, con entrata in vigore al 30/06/2023, ha stabilito, all’art. 5 ter, la più estesa legittimazione dell’Amministratore di condominio, nel procedimento di mediazione, ad integrazione e modifica del preesistente articolo 71-quater disp. att. c.c.. Secondo il disposto del nuovo art. 5 ter, l’Amministratore del condominio è legittimato ad attivare un  procedimento di mediazione, ad aderirvi ed a parteciparvi. In precedenza, l’Amministratore del Condominio, per promuovere o aderire e partecipare al procedimento di mediazione, era obbligato ad indire l’assemblea dei condomini, onde ottenere specifica deliberazione in proposito, con la maggioranza di cui all’art. 1136, II° comma c.c.. In difetto, all’Amministratore del Condominio non erano consentite ulteriori iniziative e la proposta di mediazione doveva intendersi non accettata. Pertanto, qualora l’Amministratore avesse partecipato alla mediazione, senza aver ottenuto l’apposita delibera, questi, era privo di ogni potere per la risoluzione della controversia, con le inevitabili conseguenze. Tale disposizione normativa, ingenerava, evidentemente, una dilatazione dei tempi della mediazione, con lo sforamento del termine dei tre mesi (prorogabili di ulteriori tre mesi), previsti per la definizione del procedimento di mediazione. Pertanto, con la riforma, l’Amministratore è espressamente abilitato, sia nell’ipotesi in cui abbia attivato il procedimento di mediazione, o nel caso in cui sia stato chiamato in un procedimento di mediazione, a parteciparvi ed a nominare il legale del Condominio, senza alcuna previa autorizzazione dell’assemblea condominiale. La riforma prevede, altresì, che il verbale di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore, devono essere sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera, nel termine fissato nel verbale o nella proposta, con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c. Tale riforma, però, come era prevedibile, ha ingenerato immediate critiche e perplessità, in quanto sarebbe in contrasto con l’orientamento della Suprema Corte, la quale stabilisce che, l’organo principale del potere decisionale, nell’ambito del Condominio, è l’assemblea dei condomini, mentre all’Amministratore è demandato il compito di eseguire le deliberazioni assunte dall’assemblea dei condomini (per tutte Cass. Sezioni Unite, n. 18331/2010). Inoltre, l’art. 1131 c.c., prevede la competenza dell’assemblea a decidere sulla partecipazione alle liti attive e passive, quando l’oggetto oltrepassi le attribuzioni dell’Amministratore. Pertanto, con la sopra accennata riforma Cartabia, l’Amministratore è tenuto a valutare l’opportunità di instaurare o aderire alla procedura di mediazione, con la conseguente sua eventuale responsabilità ed i relativi oneri economici, posti a carico del Condominio. Infatti, si tratta di una responsabilità dell’Amministratore di particolare pregnanza, stante l’incidenza, ai fini delle spese del giudizio e degli altri oneri previsti, relativi alla mancata adesione al procedimento di mediazione. A parere dello scrivente, però, non bisogna enfatizzare, senza neppure trascurarli, semplicisticamente, siffatti aspetti della riforma, per una serie di circostanze. In primo luogo, come è noto, sin dalla sua entrata in vigore, la mediazione civile ha come scopo principale quello di ridurre il numero di nuove cause giudiziarie, consentendo uno strumento più semplice e veloce, con tempi e costi certi, per la risoluzione delle controversie, nell’ottica, appunto, della riforma del processo civile. Pertanto, tenendo conto dell’ipotizzato effetto deflattivo della mediazione, consentire, nell’ambito condominiale, una maggiore speditezza di tale procedura, con l’entrata in vigore della riforma Cartabia, deve ritenersi auspicabile. Del resto, l’Amministratore seppure deciderà, preventivamente, sulla proponibilità della mediazione o sulla sua partecipazione, il giudizio finale sull’accettazione o meno dell’accordo di mediazione, spetta, esclusivamente, all’assemblea condominiale, senza che, in tal modo, venga lesa la sua prerogativa fondamentale di “organo sovrano”. In definitiva, l’esperimento o la partecipazione al procedimento di mediazione, da parte dell’Amministratore, essendo stabilito, in maniera cogente dalle nuove disposizioni normative, non comporterà per lo stesso, particolari responsabilità, qualora l’Amministratore, legato ai condomini, da un rapporto di mandato con rappresentanza, ottemperi alle regole dettate dall’art. 1703 c.c. ed agli obblighi contrattualmente assunti, con la diligenza richiesta dall’art. 1710 c.c., informando, tempestivamente, i condomini della mediazione e delle varie fasi della medesima. La successiva elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria, stabilirà, comunque, se tale riforma avrà buon esito o se, invece, sarà opportuno un eventuale correttivo dal legislatore.