
Il sistema normativo detta, come regola generale, che le spese condominiali siano ripartite secondo una proporzione tra il valore delle singole unità immobiliari e l’intero edificio; questo rapporto, espresso in millesimi, confluisce nelle tabelle millesimali, che costituiscono lo strumento principe attraverso il quale viene eseguito il calcolo di riparto delle spese inerenti all’edificio.
Questo sistema, però, può essere derogato, modificato, purché ciò avvenga nei modi previsti dalla legge e ricordati dalla Cassazione, ossia tramite un vero e proprio contratto approvato dall’unanimità dei condomini o sottoscritto al momento della compravendita degli immobili. Se ciò avviene, la deroga non ha limiti e può tranquillamente spingersi fino ad escludere condomini dalla partecipazione alle spese inerenti alla conservazione dell’edificio o dalle spese inerenti a una determinata parte comune.
Questo contratto, però, come tale, ha valore soltanto nei confronti dei soggetti firmatari, con la conseguenza che i suoi effetti non potranno prodursi nei confronti degli aventi causa dei condòmini contraenti, a meno che questi ultimi non abbiano manifestato il proprio consenso a tutti gli altri condòmini (e non solo al loro dante causa). D’altronde, occorre prestare attenzione al fatto che essendo tale convenzione legata alla volontà dei singoli condomini e non della compagine assembleare, il consenso dei firmatari originari e dei loro aventi causa potrà manifestarsi anche in forma tacita, per fatti concludenti, ossia attraverso comportamenti reiterati che dimostrino l’accettazione della ripartizione in deroga.