
L’amministratore, nello svolgimento del suo lavoro, deve attenersi a quella che viene definita come la “diligenza del buon padre di famiglia”, che può essere definita come la diligenza dell’uomo medio, consapevole di vivere in una società e di cui mira a realizzarne i fini.
Andando al di là di queste definizioni giuridiche e concretizzandole, l’amministratore di condominio può predisporre interventi di manutenzione ordinaria in totale autonomia, senza necessità di un preventivo assenso. All’estremo opposto (per così dire), troviamo le operazioni di manutenzione straordinaria, per le quali l’amministratore non gode di alcuna autonomia e, perciò, deve essere previamente autorizzato dall’assemblea. Nel mezzo si trovano, infine, le attività urgenti, da attuare per porre rimedio ad una situazione pericolosa per i condomini: in questi casi egli potrà agire in via autonoma in una prima fase ma dovrà, in una seconda fase, chiedere l’assenso dell’assemblea che risulterà, quindi, successivo.
Quanto appena enunciato, che in una situazione normale può non sembrare niente di speciale, assume colori decisamente più accesi in situazioni emergenziali come quella che stiamo vivendo e che implicano l’insorgenza in capo all’amministratore di una serie di oneri ulteriori a cui adempiere ma che non sarebbero connaturati alla natura della sua funzione (se non, volendo, nella parte inerente il mantenimento dello stato di conservazione e di sicurezza delle parti comuni) e, soprattutto, senza poter influire più di tanto sulle posizioni di quei condomini che non dovessero attenersi alle regole attualmente vigenti, di natura legislativa o condominiale che siano.
Il rischio direttamente nascente da questo contesto è, chiaramente, la maggiore esposizione dell’amministratore a possibili cause giudiziarie per responsabilità nascenti da carenze nell’esercizio della propria attività.