
La legittimazione processuale, in generale, è il potere di rappresentare qualcosa e/o qualcuno in giudizio. Questa si distingue in attiva o passiva, a seconda che il soggetto rappresentante sia attore o convenuto nel procedimento. In particolare, l’amministratore può agire in giudizio (è quindi legittimato attivamente) con riguardo alle liti attive, l’amministratore potrà agire in giudizio nei limiti delle attribuzioni elencate nell’art. 1130 c.c. (salvo deroghe) ed in quelli dei poteri conferitigli dal regolamento e dall’assemblea. Entro questi limiti, quindi egli può promuovere azioni giudiziali senza alcuna autorizzazione assembleare e può proseguirle in ogni grado di giudizio.
Dal lato passivo, invece, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualsiasi azione concernente le parti comuni dell’edificio. Egli è, quindi, il destinatario (per conto del condominio) della notifica di ogni atto o provvedimento giudiziario e amministrativo. Solo dopo si dovrà valutare se la materia è tra quelle per le quali l’amministratore può agire d’ufficio o se sarà necessario convocare un’assemblea (anche se, di recente, si è affermata una tesi secondo cui l’amministratore sarebbe comunque tenuto, anche laddove possa costituirsi in giudizio senza preventiva autorizzazione assembleare, a richiedere la ratifica del suo operato all’assemblea). In particolare, qualora la citazione o il provvedimento abbiano un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi dovrà dotarsi di una delibera assembleare preventiva per costituirsi in giudizio, pena la revoca dell’incarico su provvedimento dell’autorità giudiziaria e il risarcimento dei danni. L’obbligo di preventiva e immediata informazione all’assemblea sussiste anche in caso di giudizio promosso per la revisione delle tabelle millesimali. Nel caso contrario, l’amministratore potrà non solo procedere in giudizio ma anche nominare autonomamente il difensore.
Infine, si ricorda che, nonostante quanto detto sopra, ciascun condomino mantiene la facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi o comuni, inerenti all’edificio condominiale. Ne consegue che egli è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale, laddove non vi provveda l’amministratore.