L’art. 1117 c.c. identifica quali siano i beni oggetto di proprietà comune all’interno di un condominio.
Per l’elencazione, che non ha natura tassativa, si rimanda alla lettura della rubrica dell’art. 1117 c.c. ma, in generale, tutte le strutture portanti (mura, tetto, fondamenta etc.), gli spazi comuni ed i vani di servizio (incluso l’alloggio del portiere), gli impianti e manufatti a servizio del condominio (fognature, ascensori, cisterne) sono di proprietà comune a meno che il contrario non risulti dal titolo.
Può capitare che nel corso del tempo, alcuni beni che avevano uno specifico utilizzo, cessino di averlo, o che altri beni possano essere utilizzati per scopi ulteriori, oltre a quelli a cui sono destinati.
Può quindi presentarsi, per la collettività condominiale, l’opportunità di utilizzare tali beni, di proprietà comune, per fini diversi od ulteriori da quelli ai quali erano destinati.
Non è infrequente, infatti che il condominio decida di concedere in locazione, ad esempio, l’appartamento del portiere non più utilizzato a causa della soppressione del servizio di portierato, la centrale termica dismessa, oppure una o più facciate condominiali affinchè vengano utilizzate per l’affissione di pannelli pubblicitari.
In primo luogo, occorre preliminarmente dar conto che dal punto di vista della sua qualificazione giuridica, la locazione di un bene condominiale è identificabile come una forma di uso indiretto del bene locato da parte della collettività, uso che non crea pregiudizi ai singoli condomini ma che, viceversa, integra una migliore e più vantaggiosa utilizzazione dello stesso a favore della compagine condominiale.
Da ciò consegue che tale utilizzo non è da considerarsi innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., bensì un atto di ordinaria amministrazione che non comporta mutamento della destinazione d’uso del bene e non richiede, quindi, la speciale procedura prevista dall’art. 1117 ter c.c.
Fatta tale premessa, occorre a questo punto esaminare chi abbia la competenza decisionale in tale materia, e quali siano le maggioranze necessarie.
È evidente che la competenza decisionale spetti all’assemblea condominiale, che incaricherà l’amministratore di stipulare un contratto che conceda in locazione la parte comune non utilizzata.
Per la stipula di un contratto di locazione abitativo o commerciale di durata inferiore ai nove anni (in caso di durata superiore ai nove anni è sempre richiesto il consenso unanime di tutti i condomini posto che tale tipo di contratto è equiparato dalla giurisprudenza ad una vera e propria alienazione), sulla premessa che tale stipula è , ad un atto di ordinaria amministrazione che non comporta innovazione, sarà sufficiente la maggioranza semplice di cui all’art. 1136 comma 3 c.c. (in seconda convocazione).
E’ necessario, a questo punto, fare attenzione alla evenienza che il regolamento condominiale potrebbe porre dei limiti alla facoltà di concedere in locazione i beni condominiali. In questo caso occorrerà preliminarmente deliberare una deroga al divieto imposto, avuto riguardo al caso concreto.
Se il regolamento ha natura contrattuale e contiene clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni (Cass. Sez. Un. 943/1999), la delibera in deroga al divieto di locazione dovrà essere adottata all’unanimità, mentre, qualora il regolamento sia di tipo assembleare, sarà sufficiente una delibera adottata a maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136 comma 2 c.c.).
Rispetto a quanto sopra detto, qualche problematica ulteriore la pone la cessione in locazione delle facciate condominiali per fini commerciali.
Sappiamo che tale fenomeno è sempre più diffuso in alcuni contesti urbani, laddove vi siano edifici che, per dimensioni e posizionamento, abbiano facciate ben visibili ad una moltitudine di persone (per esempio in prossimità di tangenziali od arterie cittadine).
In primo luogo, rispetto alla possibile configurabilità di un rapporto locativo avente ad oggetto una mera superficie visibile, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che la configurabilità di un contratto di locazione è possibile anche solo con cessione di un singolo aspetto di utilità del bene, senza necessariamente dover cedere la detenzione del bene per intero (Cass. 17156/2002).
Parimenti, circa la durata del contratto, la giurisprudenza prevalente ritiene di identificare tale tipo di locazione con una locazione commerciale disciplinata dall’art. 27 L. 392/78 con conseguente durata di 6 anni.
Ciò precisato, abbiamo già detto che la locazione delle facciate condominiali incontra alcune problematiche ulteriori rispetto alla locazione di altri beni condominiali; parliamo in particolare dei limiti posti dall’art. 1120 c.c., che vieta le innovazioni che arrechino pregiudizio alla stabilità, sicurezza o che alterino il decoro architettonico dell’edificio, cosa ben tutt’altro che infrequente, trattandosi di cartelloni pubblicitari di grandi dimensioni.
Vi è da dire che il concetto di decoro deriva da una elaborazione giurisprudenziale formatasi dalla libera valutazione del giudice caso per caso.
Volendo, per brevità, omettere l’ampia produzione giurisprudenziale in merito, ci limiteremo ad evidenziare che occorrerà quindi operare, caso per caso, una valutazione preliminare avuto riguardo non solo allo stato dei luoghi, ma anche al contesto, ed all’accertamento se l’installazione crei un effettivo pregiudizio al decoro architettonico, rendendo necessaria una specifica approvazione assembleare resa all’unanimità per superare il divieto posto dall’art. 1120 c.c..
Oltre a ciò, dovranno anche essere osservate tutte quelle disposizioni amministrative poste a tutela della circolazione stradale (art. 23 del Codice della Strada), a tutela del paesaggio (laddove il fabbricato surga in zona a tutela paesaggistica), e dettate dai regolamenti comunali.
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