L’emergenza sanitaria in corso nel nostro Paese, diffusasi rapidamente in vaste aree del globo terrestre, ha portato la quasi totalità degli Stati ad adottare misure del tutto eccezionali e fortemente restrittive delle libertà individuali allo scopo di tutelare la salute collettiva. Tra le libertà compresse a causa dell’emergenza rientra sicuramente il diritto di riunione o assembramento in luoghi pubblici, aperti al pubblico, o privati, altrimenti tutelato dall’art. 17 della nostra Carta Costituzionale. Con particolare riguardo alla materia condominiale, detta limitazione si è tradotta nel divieto di indire assemblee, quali luoghi di possibile trasmissione del virus, lasciando di fatto alla discrezionalità
dell’amministratore l’adozione delle decisioni urgenti e rinviando la convocazione delle assemblee condominiali al termine dell’emergenza sanitaria. Tuttavia, il protrarsi dello stato di emergenza e l’adozione di una serie di atti normativi volti a regolamentare e ad incentivare, ove possibile, l’attività lavorativa da remoto ( cosiddetto smartworking) ha portato molti a chiedersi se sia praticabile anche in materia condominiale – pur in assenza di una disciplina ad hoc – la riunione dei condomini “online”.
Sul punto occorre analizzare preliminarmente il quadro normativo di riferimento e, in particolare, gli artt.1136 del codice civile e 66 delle disposizioni attuative del codice civile. A ben vedere l’art. 1136 del codice civile stabilisce solo che «l’assemblea in prima convocazione è
regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio» e che «l’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio». Senza specificare, quindi, se la riunione dei condomini debba avvenire con la partecipazione fisica degli stessi o se possa avvenire anche da remoto. Sul punto viene in soccorso l’art. 66, co 3, delle disposizioni attuative del codice civile secondo cui l’avviso di convocazione deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione, pena l’annullabilità della delibera assembleare ai sensi dell’art. 1137 e.e., lasciando presumere che debba trattarsi di un “luogo fisico”. Ebbene, detta interpretazione, in assenza di altra specificazione normativa, deve ritenersi confermata da quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità a più riprese, la quale ha riconosciuto all’amministratore la possibilità di scegliere la sede
ritenuta più opportuna per lo svolgimento dell’assemblea, ma con il duplice limite che essa sia «nei confini della città ove è ubicato l ‘edifIcio e che il luogo sia idoneo, fisicamente e moralmente, a consentire a tutti i condomini di essere presenti e di partecipare ordinatamente alla discussione» (Cass. n. 14461/1999; Cass. n. 2284/1958).
A tale riguardo non è irrilevante osservare che la riforma della materia condominiale, intervenuta con legge n. 220/2012, non ha modificato le citate norme del codice civile benché non siano mancate forti pressioni in tal senso da parte di alcune associazioni rappresentative, di talché appare quantomeno dubbia la possibilità di ritenere ammissibile la riunione di condominio in un luogo che non sia fisico,
ma virtuale. Alla luce di quanto appena esposto, quindi, per ovviare alle descritte limitazioni e venire incontro all’esigenza, oggi più che mai sentita, di superare la tradizionale concezione fisica dell’assemblea di condominio, alcuni autori hanno suggerito l’applicazione analogica dell’art. 2370 del codice civile volto a disciplinare il diritto d’intervento all’assemblea in ambito societario. Ai nostri fini rileva il
comma quarto del predetto articolo, il quale dispone che «Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea». A ben vedere, dunque, la riforma del diritto societario intervenuta nel 2003 ha lasciato all’autonomia statutaria la possibilità di prevedere lo svolgimento delle assemblee dei soci in videoconferenza, pertanto, in virtù di un’applicazione analogica della norma, perché possa ammettersi questa forma di riunione anche tra condomini sarebbe necessaria quantomeno una modifica del regolamento condominiale che preveda un’autorizzazione espressa in tal senso. Ancora, allo scopo di riconoscere validità all’assemblea condominiale online e sottrarre le eventuali deliberazioni al rischio di un successivo annullamento, alcuni autori hanno osservato che detta forma assembleare sarebbe in ogni caso valida, atteso che non sarebbe l’assemblea a svolgersi online, ma
solo la partecipazione dei singoli condomini, poiché l’amministratore convocherebbe le parti in un luogo fisico definito – come ad esempio il suo studio – e sarebbero i condomini a partecipare in modalità telematica, senza che ciò pregiudichi in alcun modo le loro possibilità di intervento e la regolare formazione della volontà assembleare. Per garantire questo sarà l’amministratore a dover verificare preventivamente la disponibilità da parte dei condomini degli strumenti tecnologici appropriati. In conclusione, è possibile affermare che ad oggi non esiste norma o giurisprudenza che disciplini o riconosca validità ad assemblee condominiali che prevedano collegamenti in videoconferenza,
tuttavia l’eccezionalità della situazione attuale e il protrarsi della stessa in modo da rendere difficile la previsione di un superamento totale dell’emergenza in tempi relativamente brevi impone l’individuazione di forme alternative di svolgimento di alcune attività, tra le quali indubbiamente devono collocarsi le assemblee condominiali.
In attesa di una regolamentazione specifica, dunque, sarà rimessa alla discrezionalità dell’amministratore la decisione di indire un’assemblea in forma telematica e sempre a quest’ultimo sarà rimessa, altresì, la scelta delle cautele da adottare per evitare possibili impugnazioni.
LAURA LENZI