- Introduzione
La legge italiana non fornisce una definizione di assemblea condominiale ma è, comunque, possibile definirla come un organo (in senso a-tecnico), un organismo o comunque un’autorità, naturale, strutturale e permanente che sovraintende all’attività di gestione e conservazione delle parti comuni dell’edificio con competenza generalizzata le cui decisioni sono vincolanti per tutti i condomini. Essa, convocata per riunirsi, si costituisce e può deliberare in più riunioni consecutive, ossia in più momenti specificamente individuati per l’espletamento delle sue funzioni.
L’assemblea si compone delle persone fisiche e giuridiche che hanno diritto a prendere parte in relazione agli argomenti posti in discussione, pur esistendo delle incertezze sulla posizione dei conduttori legate all’utilizzo della formula “aventi diritto”. A tal proposito, l’art. 1130 n. 6 c.c. impone all’amministratore di condominio di tenere un registro contenente una serie di dati dei condomini, nonché i dati inerenti alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. La tenuta della parte anagrafica del registro, quella che ha dato la stura alla nominazione del medesimo quale registro di anagrafe condominiale, è operata con la partecipazione dei condòmini: l’amministratore compila il registro chiedendo che siano i condòmini a fornirgli determinate informazioni e se e solo se questi non adempiono ovvero adempiono in maniera imprecisa, allora l’amministratore dovrà/potrà attivarsi diversamente, ossia assumere le stesse presso i pubblici uffici nei quali è possibile reperirle.
Il condominio non è soggetto terzo rispetto al condomino e quindi non può invocare l’affidamento (cioè la fiducia verso una determinata situazione apparente) ove una persona si atteggi a condomino (il così detto condomino apparente) quando tale non è; a maggior ragione perché tramite visura ipotecaria si può sempre conoscere il reale proprietario. L’inapplicabilità del principio dell’apparenza al condominio è stata poi estesa anche alla convocazione dell’assemblea laddove il comportamento del terzo sia stato tale (firma scheda di anagrafe) da indurre l’amministratore in errore.
- Ruolo e funzioni
L’assemblea può e deve gestire e quindi regolamentare ma non può mai vietare ed imporre. Il confine tra queste fattispecie è molto labile poiché non sempre, ad esempio in tema di uso delle cose comuni, è chiaro quando l’assemblea sta regolamentando nell’esercizio dei propri poteri e quando, invece, sta ledendo il diritto di ogni condomino. L’assemblea ha un ruolo d’indirizzo e controllo che si esplica impartendo comandi (le delibere) all’amministratore oppure per mezzo della verifica del suo operato pur sempre nel rispetto del diritto dei singoli sulle parti comuni e su quelle di proprietà esclusiva.
L’assemblea condominiale, quindi, è l’organo decisionale del condominio e assume le proprie decisioni attraverso un atto formale chiamato delibera. All’assemblea compete assumere ogni decisione riguardante il miglior godimento, oggettivo e soggettivo delle parti comuni, ma non solo; l’assemblea è anche autorità di verifica e controllo. L’art. 1135 c.c. è quello specificamente dedicato alle attribuzioni dell’assemblea; già solamente leggendo il codice civile si comprende che lo spazio decisionale dell’assise non è limitato a quanto indicato da quella norma ma si estende anche a materie non espressamente menzionate che sono comunque riconducibili nell’alveo delle competenze.
- La convocazione
La convocazione, per il tramite dell’avviso, è l’atto iniziale del procedimento che a seguito della riunione e della votazione porta alla deliberazione, ossia alla decisione dell’assemblea condominiale.
L’avviso di convocazione è l’atto attraverso cui il convocante (l’amministratore o i condòmini) informa gli aventi diritto a partecipare all’assemblea dello svolgimento della riunione. Il suo contenuto è predeterminato da una norma inderogabile (ma l’assemblea resta libera di prevedere norme più stringenti).
L’avviso di convocazione, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione e tale adempimento può essere assolto a mezzo di posta raccomandata (con avviso di ricevimento o semplice), posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. Sebbene le prime pronunce giurisprudenziali ritengano che l’elencazione normativa abbia carattere tassativo (escludendo dal novero dei mezzi di comunicazione l’e-mail ordinaria) è, per i più, conforme al dettato legislativo consentire l’invio della comunicazione dell’avviso di convocazione per mezzo di tutte quelle modalità che diano certezza legale.
Per comunicazione s’intende ricezione in senso legale, ossia consegna dell’avviso anche mediante inserimento nella cassetta postale dell’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale. I cinque giorni si conteggiano non tenendo conto di quello della consegna, ma includendo nel computo quello in cui si tiene la prima convocazione. L’avviso dev’essere inviato agli aventi diritto a partecipare all’assemblea, ossia: al proprietario (nel caso di comproprietari a tutti quanti) o al conduttore a seconda dell’ordine del giorno (anche se è dubbio che l’obbligo di convocare l’inquilino ricada direttamente sull’amministratore); all’usufruttuario o al nudo proprietario a seconda del contenuto dell’ordine del giorno.
L’amministratore deve convocare l’assemblea:
- ogni anno entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio per porre in discussione il rendiconto di gestione, pena la possibilità per ogni condomino d’agire giudizialmente per la sua revoca giudiziale;
- ogni qual volta gliene facciano richiesta, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. almeno due condomini che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio rispettando la richiesta anche in relazione all’ordine del giorno (Cass. 31 ottobre 2008 n. 26336), salvo richieste palesemente fuori luogo;
- nel caso di richiesta anche da parte di un solo condomino
- per l’adozione di provvedimenti in merito alla violazione della destinazione d’uso delle cose comuni; per la deliberazione di innovazioni previste dal secondo comma dell’art. 1120 c.c., in tal caso la convocazione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta;
- nel caso di richiesta di convocazione per la deliberazione in merito a casi di revoca giudiziale per i quali è indispensabile il preventivo passaggio assembleare;
- nel caso di installazione di impianti non centralizzati di cui all’art. 1122-bisc. che comportino modificazioni delle cose comuni;
- nel caso di notifica di provvedimenti amministrativi o giudiziari esorbitanti dalle sue competenze;
Il codice civile e le sue disposizioni attuative prevedono, però, anche due ipotesi di autoconvocazione da parte dei condòmini: una è quella conseguente all’omessa convocazione a seguito di richiesta ex art. 66 disp. att. c.c. da sempre prevista nella nostra legislazione – l’altra è una novità introdotta dalla riforma del condominio (legge n. 220/2012) e riguarda la decadenza automatica dall’incarico di amministratore per perdita dei requisiti di onorabilità (art. 71 bis disp. att. c.c.).
In questi casi la norma specifica che la convocazione può avvenire senza formalità, evidentemente riferendosi all’avviso di convocazione e quindi ritenendo non necessaria la forma scritta, la comunicazione nei modi indicati dall’art. 66 disp. att. c.c. e tutto ciò che concerne la regolare convocazione riguardante le altre ipotesi.
Quanto al luogo della riunione, occorre applicare il c.d. criterio della ragionevolezza, il quale porta a concludere che l’assemblea sia tenuta nel luogo più adatto alle esigenze dei condòmini indipendentemente dal comune di ubicazione dell’edificio se può confliggere con la più ampia possibilità di partecipazione. Quanto alla data e all’ora, invece, non vi è alcun vincolo legale. Addirittura, l’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi.
- L’ordine del giorno
La legge n. 220/2012 ha specificato che l’avviso di convocazione deve contenere specifica indicazione dell’ordine del giorno che, adesso, è espressamente previsto dal codice.
- La riunione
L’amministratore, deve essere presente all’assemblea insieme, ovviamente, agli aventi diritto. Egli, da un punto di vista prettamente giuridico, non ha obblighi di direzione e controllo dell’assise condominiale, anzi, ogni sua ingerenza è da considerarsi come indebita.
Il ruolo dell’amministratore condominiale nel corso dell’assemblea è, comunque, importante per svariati motivi che possono essere così riassunti:
- la presenza è doverosa rispetto agli argomenti in discussione che richiedono il suo necessario intervento chiarificatore;
- la presenza è utile per guidare i condòmini in un percorso deliberativo corretto e consapevole;
- la presenza è utile per dirimere le controversie e consentire un sereno svolgimento della riunione rispetto al fine ultimo dell’assemblea, cioè quello di prendere decisioni indispensabili per la gestione del condominio.
All’assemblea condominiale possono partecipare soggetti estranei solamente per il tempo necessario funzionale alla loro presenza. È, inoltre, possibile effettuare registrazioni video della riunione purché vi sia il consenso di tutti i condòmini; in tal caso la registrazione dev’essere utilizzata nel rispetto dei fini stabiliti. Ancora, il condomino o lo stesso amministratore possono registrare (senza video) l’assemblea per fini personali ma mai per altri scopi, senza necessità di chiedere il permesso. Ove l’autorizzazione sia stata domandata, invece, questa dovrà essere concessa da tutti i condòmini qualora si voglia/debba divulgare il contenuto a terzi.
Per quanto concerne le figure del segretario e del presidente, ad oggi non esiste una norma dettata in materia condominiale che faccia riferimento al presidente. Per il segretario non v’è mai stata traccia di alcuna norma. La norma fondamentale, quindi, è rappresentata dal regolamento condominiale, che può disciplinare queste due figure. Ad ogni buon conto la nomina del Presidente avviene scegliendolo tra gli aventi diritto a partecipare presenti alla riunione. Nella realtà dei fatti i più scansano l’onere di assumere questo ruolo; la prassi fa sì che il Presidente sia scelto tra i presenti con votazione a maggioranza. Lo stesso dicasi per il segretario, il cui compito, lo vedremo più avanti, è quello di verbalizzare le deliberazioni. La mancata nomina di queste due figure, almeno secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, non comporta l’invalidità della deliberazione trattandosi d’una mera irregolarità formale non in grado d’incidere sulla valutazione del contenuto del deliberato.
Il presidente dell’assemblea verifica la regolarità della costituzione, accerta l’identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale.
Al segretario, invece, è demandato il ruolo di verbalizzatore.
Il presidente, in via preliminare quindi, deve verificare che tutti gli aventi diritto abbiano ricevuto nei modi e nei termini di legge l’avviso di convocazione. Verificata la regolare convocazione degli aventi diritto a partecipare, il Presidente passa alla conta dei presenti. Quest’operazione è fondamentale e come tale deve rimanerne traccia a verbale in quanto necessaria per verificare la ricorrenza dei quorum costitutivi. Gli aventi diritto a partecipare possono essere presenti in assemblea personalmente o per delega rilasciata ad un altro condòmino o, se non vietato dal regolamento, a soggetto estraneo al condominio.
Due sono le condizioni per la validità della delega: una di carattere formale, ossia la delega a partecipare dev’essere rilasciata in forma scritta; in secondo luogo il delegato (termine che lascia intendere che salvo diversa disposizione regolamentari esso possa anche esse soggetto estraneo al condominio) nei condomini con più di venti partecipanti incontra un limite di rappresentanza. Si tratta del così detto divieto d’incetta di deleghe.
Rispetto alle unità immobiliari appartenenti a più persone, poi, questi comproprietari avranno diritto ad un solo rappresentante in assemblea ed anche se tutti presenti, essi conteranno come un solo condomino.
Per poter andare avanti nello svolgimento dell’assemblea e quindi discutere sui punti all’ordine del giorno inseriti nell’avviso di convocazione, non basta la regolare convocazione degli aventi diritto e la loro presenza in assemblea, ma è anche necessario che gli stessi siano presenti in un numero mimino. Tale numero predeterminato dalla legge prende il nome di quorum costitutivo, il quale assume dimensioni differenti rispetto alla prima e seconda convocazione: l’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio; l’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio.
Eseguiti tutti gli accertamenti e datone atto a verbale, il presidente può dichiarare aperta la discussione. L’assemblea può deliberare sugli argomenti indicati nell’ordine del giorno. La deliberazione su argomenti diversi rende la delibera annullabile almeno che l’assemblea non sia totalitaria, con la partecipazione di tutti i condomini.
Alla fine di ogni discussione sugli argomenti posti all’ordine del giorno si mettono ai voti gli esiti del dibattito. La votazione deve avvenire per voto palese. Non è possibile il voto segreto perché così facendo non sarebbe possibile verificare i quorum deliberativi. Di ogni votante bisogna riportare nome e numero di millesimi rappresentati. È possibile verbalizzare anche solamente il nominativo dei contrari ed i relativi millesimi e nel caso di delibere adottate all’unanimità basta tale indicazione. Non è possibile limitarsi a scrivere che “la maggioranza dei presenti approva” perché in tal modo viene ad essere frustrata la possibilità di verificare la ricorrenza dei quorum deliberativi. Dissenzienti ed astenuti sono considerati alla stessa stregua rispetto alla possibilità di contestare la delibera.
Tutti i presenti hanno diritto a partecipare alla votazione finale, tranne:
- i partecipanti in palese conflitto d’interessi;
- gli usufruttuari e i conduttori per le materie rispetto alle quali non hanno diritto di voto;
- l’amministratore, salvo il caso di amministratore interno e sempre valutata l’esistenza di un conflitto d’interesse.
Il risultato della votazione è la deliberazione che rappresenta la decisione dell’assemblea rispetto all’argomento posto in discussione. La deliberazione dunque è l’atto finale del procedimento deliberativo e rappresenta un atto complesso a formazione progressiva dal quale emerge la volontà assembleare rispetto ad una determinata questione. Questa dev’essere consacrata nel verbale (che conterrà tante deliberazioni quanti sono gli argomenti all’ordine del giorno) e una deliberazione orale è da ritenersi nulla per carenza degli elementi essenziali.
Le delibere devono essere adottate con il consenso di un determinato numero di condomini. I quorum deliberativi rappresentano le maggioranze necessarie per decidere su un argomento. Decidere con una maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge comporta l’annullabilità della delibera. Il codice civile prevede dei quorum ad hoc per delle specifiche deliberazioni, al di là della tipologia di convocazione nella quale si va a deliberare (prima o seconda convocazione) ed altri generali per tutti gli argomenti non specificamente disciplinati, variabile a seconda della convocazione di riferimento.
La decisione dell’assemblea, a questo punto, è obbligatoria per tutti i condòmini e solamente un provvedimento sospensivo della sua efficacia o la sua invalidazione definitiva gli tolgono efficacia.
Ultimo adempimento connesso inscindibilmente alla corretta procedura di deliberazione è la comunicazione del verbale. Questa serve per dare conoscenza agli assenti del contenuto della deliberazione e quindi consentirgli, ove ne ricorressero i presupposti, d’impugnarla.
- Il verbale
Il verbale è un documento contenente le deliberazioni adottate dall’assemblea condominiale. Il suo valore legale dipende dal contenuto delle dichiarazioni in esso contenute. La deliberazione rispettosa delle competenze assembleari ha sicuramente valore quale atto promanante la volontà della collettività e se il verbale viene sottoscritto da tutti i condòmini, esso assume valore contrattuale e diviene così incontestabile e pienamente valido ed efficace nei confronti di tutti.
Verbali incompleti, invece, devono essere considerati invalidi e possono essere impugnati davanti all’Autorità Giudiziaria. Alla gravità delle omissioni può corrispondere: la nullità della delibera, quando essa è priva dei suoi elementi essenziali; l’annullabilità quando si tratta di vizi formali.
- Impugnazione delle delibere e stasi assembleare
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria.
L’Autorità Giudiziaria può valutare se una delibera assembleare è legittima rispetto alle norme fissate per la sua adozione, ma non può entrare nel merito delle scelte assembleari.
I vizi procedimentali comportano l’annullabilità della delibera, con un’eccezione: nel caso di convocazione dell’assemblea per la modificazione delle destinazioni d’uso delle cose comuni, la deliberazione dev’essere considerata nulla se l’avviso di convocazione non indica le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso.
Nel caso in cui, infine, l’assemblea non riesca ad adottare le decisioni necessarie alla gestione del condominio ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria attivando un procedimento così detto in volontaria giurisdizione affinché la stessa provveda a colmare tale lacuna.
In buona sostanza, in tali ipotesi, non si chiede al giudice di stabilire chi ha ragione o torto, ma più semplicemente di sostituirsi alle parti interessate per fare ciò che esse non sono riuscite a porre in essere.
- Il supercondominio
Il supercondominio è quella particolare forma di condominio su parti comuni a più edifici che possono costituire già di per sé autonomi condomini. Possono e non devono, perché si può avere un supercondominio anche tra un edificio in condominio ed uno in proprietà esclusiva, purché gli stessi abbiano in comune beni, servizi ed impianti funzionalmente collegati alle unità immobiliari di proprietà esclusiva. L’applicazione delle norme condominiali a questa particolare fattispecie è stabilita dalla legge.
L’assemblea del supercondominio, al pari di quella dei normali condominii ha una competenza generale su ogni questione riguardante la gestione dei beni comuni ai vari condominii che vanno a comporla. Si badi, seppure per esserci un supercondominio è necessario che più edifici abbiano in comune dei beni strumentali al godimento delle unità immobiliari in essi allocate, i partecipanti a questa compagine non sono i vari edifici ma i singoli proprietari delle unità immobiliari ivi ubicate. Di conseguenza l’assemblea del supercondominio si compone dei proprietari delle unità immobiliari ubicate negli edifici (anche non in condominio) che lo compongono.
Nel caso in cui il supercondominio conti meno di 60 partecipanti, il procedimento di convocazione e deliberazione, coincide perfettamente con quelli previsti per le normali assemblee condominiali del quale s’è dato conto nei capitoli precedenti.
Quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.5 c.c., il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore.
Il rappresentante nominato dall’assemblea condominiale risponde del proprio operato secondo le regole del mandato e non gli possono essere apposti vincoli e condizioni. Il mandato può essere conferito per una singola assemblea, per più assemblee o può essere permanente. Siccome il mandato si presume oneroso quindi se lo s’intende a titolo gratuito è bene specificarlo nella delibera di nomina.
Inoltre, dato il limitato numero di deleghe conferibili, bisogna stare attenti, quando si nomina un unico rappresentante per più palazzine, a non conferire alla stessa persona un potere di rappresentanza di un numero di condominii eccedente i limiti previsti dall’art. 67, primo comma, disp. att. c.c.
In ogni caso la procedura di convocazione e gli adempimenti necessari per lo svolgimento dell’assemblea e la deliberazione sono i medesimi previsti per le assemblee condominiali. Rispetto alla comunicazione del verbale, invece, è utile evidenziare alcune peculiarità dovute alla composizione dell’assemblea del supercondominio per le deliberazioni ordinarie in quelle compagini con più di sessanta partecipanti: in tali ipotesi il verbale dev’essere comunicato al rappresentante assente. In ogni altro caso il verbale dev’essere comunicato direttamente ai singoli condòmini, ai quali spetta il diritto d’impugnazione a meno che non si voglia, in questi casi, considerare sottratto ai singoli condòmini il diritto d’impugnazione considerandolo posto in capo ai condominii che hanno deliberato la nomina del rappresentante.
La comunicazione dell’esito dell’assemblea, infine, si sostanzia in una relazione che ciascun rappresentante fa in seno all’assemblea del rispettivo condominio.