Il Dpcm firmato il 4 marzo dal presidente del Consiglio dei ministri e dal ministro della Salute parla chiaro; tra le molte misure restrittive, una riguarda la sospensione delle manifestazioni e degli eventi di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
È quindi evidente che un’assemblea di condominio rientra in quest’ambito e che assicurare le distanze necessarie vuol dire che intorno a ogni sedia occorre una “cintura” sanitaria di almeno un metro, quindi uno spazio minimo di 1,5 metri quadrati per condomino.
Il problema, però, non è tanto e solo quello di rispettare le distanze lineari quanto di immaginare gli inevitabili contatti ravvicinati tra condòmini: basta usare il buonsenso per rendersi conto delle responsabilità cui incorrerebbe l’amministratore convocando a ogni costo l’assemblea durante la quale, per qualunque ragione, potesse verificarsi un contagio.
Una valida alternativa può essere rappresentata dalle assemblee in videoconferenza , sempre che però, la tecnologia a disposizione di amministratore e condòmini le renda praticabili.
L’amministratore, nel frattempo, potrà e dovrà agire nei limiti e con gli strumenti giuridici a sua disposizione, ossia, l’amministrazione ordinaria, nonché gli atti conservativi i quali non richiedono l’intervento dell’assemblea.