
Con l’introduzione del d. lgs. 73/2020, si è portato un radicale cambiamento nel sistema di ripartizione delle spese energetiche in condominio, eliminando ogni riferimento alla normativa UNI 10200 e promuovendo, invece, un sistema incentrato sui consumi effettivi. In particolare, ai consumi volontari andrà attribuita una quota di almeno il 50% delle spese connesse al consumo di calore, mentre la restante parte sarà ripartita secondo un parametro deciso dall’assemblea tra millesimi, metri quadri o cubi utili e potenze installate.
Questa nuova disposizione, però, non ha creato un’uniformità di vedute tra chi la deve interpretare e chi la deve applicare. Secondo prime interpretazioni, ognuno continua a pagare in base a quello che consuma, con la differenza che vengono meno i criteri della UNI 10200. Di conseguenza, pare il la nuova normativa semplifichi le cose nel senso di prevedere una ripartizione in cui il consumo involontario non può mai avere un’incidenza superiore al 50% della spesa.
Secondo un’altra interpretazione, sarebbe invece ancora opportuno fare riferimento alla UNI 10200 in quanto questa permette di calcolare correttamente le quote da imputare al prelievo volontario (comunque non inferiori al 50%), lasciando alle tabelle millesimali il compito di suddividere la quota imputata alle dispersioni.
Infine, secondo una terza impostazione, si dovrebbe considerare come eliminato qualsiasi riferimento alla UNI 10200 e i condomini potrebbero decidere liberamente quale sistema di ripartizione adottare, tenendo sempre a mente i limiti stabiliti per le due quote.
Quanto appena detto, però, si inserisce in un contesto nel quale, secondo alcuni, quei condomini che alla data di entrata in vigore del d. lgs. 73/2020, ossia il 29 luglio, avevano già provveduto a ripartire le quote in base ai termini di legge prima vigenti, non sarebbero tenuti a modificare, adesso, il criterio adottato.