L’art. 659 del c.p. prevede due fattispecie di reato che possono integrarsi in situazioni più o meno simili e che presentano requisiti diversi: mentre la fattispecie contemplata dal primo comma punisce il disturbo della quiete pubblica da chiunque cagionato con modalità espressamente e tassativamente determinate, la fattispecie disciplinata dal secondo comma punisce le attività rumorose, industriali o professionali, esercitate in difformità rispetto alle prescrizioni di legge o alle disposizioni dell’autorità.
Uno degli elementi principali che permette di operare un distinguo tra le due norme è la fonte del rumore, per cui laddove un rumore provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere, la condotta rientra nella previsione dell’art. 659 c. 2 per effetto dell’esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi in sé la turbativa della pubblica tranquillità.
Di contro, laddove le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio di un’attività lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 659 c. 1, per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo.
Una ulteriore differenza rilevabile tra queste due ipotesi appena enunciate riguarda il fatto che nell’ipotesi di cui al secondo comma, l’accertamento del reato prescinde dalla verificazione del disturbo e della sua “invasività” della altrui tranquillità, cosa che avviene, invece, nell’ipotesi di cui al primo comma. Inoltre, in questo ultimo caso è anche necessario verificare l’astratta idoneità dell’evento di disturbo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi, in concreto, solo taluna se ne possa lamentare.